Questo romanzo mi è capitato in mano in libreria mentre cercavo un regalo per un'amica. Tipico.
Con la letteratura indiana ci casco sempre un po' facilmente: L'autrice, Anuradha Roy, è stata giornalista e ora è proprietaria di una casa editrice di Delhi.
Il romanzo, diviso in tre tempi, parla di una famiglia che all'inizio del 1900 si trasferisce da Calcutta a Songarh per desiderio di Amulya, uomo innamorato della calma del luogo e del giardino che progetta di avere. Non contenta come lui è la moglie Kananbala, che deve crescere e far sposare i suoi due figli maschi lontano dalla civiltà. Durante una festa, Amulya nota una ragazza nel villaggio. Poco tempo dopo, un suo fidato collaboratore gli chiede di occuparsi del figlio di quella ragazza, nato fuori dal matrimonio. Così Amulya porta il bambino all'orfanotrofio e paga mensilmente la retta senza dire nulla alla famiglia.
Anni dopo, con la morte di Amulya e la progressiva follia della moglie, sono i figli a prendere il ruolo da protagonisti. Nirmal, vedovo e con una bimba che non riesce ad affrontare per il dolore che prova per la perdita della moglie, archeologo sempre in viaggio e sognatore, ritorna a casa dopo anni di assenza; Kamal, uomo d'affari rimasto a casa con la moglie e nessun figlio cui badare se non la nipotina Bakul e il ragazzo adottato Mukunda, che Nirmal aveva voluto prendere in carico. Mentre una delicata storia d'amore impossibile sboccia tra Nirmal e una cugina vedova che aveva assunto per badare ai bambini, questi due cominciano a crescere. Per evitare scandali, Nirmal si vede costretto a far trasferire Mukunda a Calcutta con la scusa di farlo studiare.
La terza parte del romanzo è narrata in prima persona da Mukunda, l'orfano e senza casta nell'India del dopo Gandhi, appena diplomato e in cerca di un futuro. Lui e la sua sensazione di non appartenere a niente e nessuno. Lui che si costruisce una vita di successo finché il destino non lo riporta a Songarh, e gli rende tutto molto più chiaro. Da quel momento in poi, per lui tutto cambia in modo definitivo.
Il romanzo ha quei tratti delicati che appartengono alla scrittura indiana, soprattutto femminile. La saga familiare viene trattata con cura, con affetto, come se si trattasse di personaggi veri nella vita dell'autrice. C'è quel pizzico di suspance, c'è un omicidio, un patto silenzioso tra due donne e tanto sentimento. 431 pagine di storia a volte un po' lenta, ma mai troppo. Lo consiglio. Davvero.
Con la letteratura indiana ci casco sempre un po' facilmente: L'autrice, Anuradha Roy, è stata giornalista e ora è proprietaria di una casa editrice di Delhi.
Il romanzo, diviso in tre tempi, parla di una famiglia che all'inizio del 1900 si trasferisce da Calcutta a Songarh per desiderio di Amulya, uomo innamorato della calma del luogo e del giardino che progetta di avere. Non contenta come lui è la moglie Kananbala, che deve crescere e far sposare i suoi due figli maschi lontano dalla civiltà. Durante una festa, Amulya nota una ragazza nel villaggio. Poco tempo dopo, un suo fidato collaboratore gli chiede di occuparsi del figlio di quella ragazza, nato fuori dal matrimonio. Così Amulya porta il bambino all'orfanotrofio e paga mensilmente la retta senza dire nulla alla famiglia.
Anni dopo, con la morte di Amulya e la progressiva follia della moglie, sono i figli a prendere il ruolo da protagonisti. Nirmal, vedovo e con una bimba che non riesce ad affrontare per il dolore che prova per la perdita della moglie, archeologo sempre in viaggio e sognatore, ritorna a casa dopo anni di assenza; Kamal, uomo d'affari rimasto a casa con la moglie e nessun figlio cui badare se non la nipotina Bakul e il ragazzo adottato Mukunda, che Nirmal aveva voluto prendere in carico. Mentre una delicata storia d'amore impossibile sboccia tra Nirmal e una cugina vedova che aveva assunto per badare ai bambini, questi due cominciano a crescere. Per evitare scandali, Nirmal si vede costretto a far trasferire Mukunda a Calcutta con la scusa di farlo studiare.
La terza parte del romanzo è narrata in prima persona da Mukunda, l'orfano e senza casta nell'India del dopo Gandhi, appena diplomato e in cerca di un futuro. Lui e la sua sensazione di non appartenere a niente e nessuno. Lui che si costruisce una vita di successo finché il destino non lo riporta a Songarh, e gli rende tutto molto più chiaro. Da quel momento in poi, per lui tutto cambia in modo definitivo.
Il romanzo ha quei tratti delicati che appartengono alla scrittura indiana, soprattutto femminile. La saga familiare viene trattata con cura, con affetto, come se si trattasse di personaggi veri nella vita dell'autrice. C'è quel pizzico di suspance, c'è un omicidio, un patto silenzioso tra due donne e tanto sentimento. 431 pagine di storia a volte un po' lenta, ma mai troppo. Lo consiglio. Davvero.