giovedì 14 aprile 2011

Tutta mio padre - Rosa Matteucci


TUTTAMIOPADREQuesto è un romanzo difficile. Rosa Matteucci racconta di sè, della sua famiglia e del suo crescere nel mezzo di una tragedia della vita. Questo è un romanzo terribile. A tratti demenziale nel tratteggiare i protagonisti esagerati in tutto, sul baratro, in una pantomima che serve solo a salvarli dal cadere definitivamente nel vuoto.
La famiglia nobile, già particolare ai tempi di maggiore splendore, crolla sotto il peso del fallimento economico. Il nonno ha perso tutto, un po' anche la ragione. All'epoca Rosa ha 8 anni ed è la preferita di papà. Il rapporto di padre e figlia viene sviscerato durante il racconto del tracollo di una intera famiglia che scivola sempre più in un abisso di degrado e follia. A salvare ciascuno di loro sono quei piccoli interessi che diventano ossessioni, bizzarri modi di comportarsi e vivere, di interagire.
Non è un romanzo da prendere alla leggera. Duro, crudo, a tratti anche stomachevole, disgustoso. Ma ricco di un dolore e di una forza che non si trovano facilmente nei romanzi di ogni giorno, quelli che ci accompagnano in metropolitana o ai giardini sotto il primo sole. Pieno di sensazioni da citare, geniali nella loro cattiveria e crudezza. Pieno di amore, comunque. Perché anche nei momenti più difficili, quando si pensa di odiare qualcuno per il destino che ci ha scelto, in realtà non si può fare a meno di amarlo.
Forse mi ha toccata perché ricorda in parte le vicende personali della mia infanzia, forse solo perché diverso dal solito. Forse perché sotto sotto anche io sono tutta mio padre e pure tutta mia madre. Per non far torto a nessuno.
"Stavo lì nel mio letto e tutto mi sembrava minaccioso, la vita stessa un'impresa destinata al fallimento. Non ne andava mai bene una, c'era sempre qualcosa che incombeva e ti feriva al cuore. Mancavamo di tutto. Non ho mai smesso di combattere per rimanere viva. Avrei voluto salvare anche i miei genitori dal degrado e dalla miseria. Avrei voluto vederli sorridere, almeno una volta. Per quanto esasperata da quei demenziali su e giù per le scale, sentendo mio padre che si affannava a trascinare le taniche di nafta, provavo un dolore acuto, come uno spasmo bruciante nel centro del petto. Mi faceva male il cuore. Avrei voluto aiutarlo, riscattare la sua pena di vivere, facendo avverare una delle sue fantasie. (Pag 220)"

domenica 3 aprile 2011

One hour photo

one-hour-photo
Titolo originale One Hour Photo
Paese USA
Anno 2002
Durata 98 min
Colore colore
Audio sonoro
Genere thriller
Regia Mark Romanek
Soggetto Mark Romanek
Sceneggiatura Mark Romanek
Fotografia Jeff Cronenweth
Montaggio Jeffrey Ford
Musiche Reinhold Heil, Johnny Klimek
Scenografia Tom Foden
Interpreti e personaggi

Al suo secondo lungometraggio dopo Static del 1998, Mark Romanek firma un film destinato a rimanere nell’immaginario grazie anche alla prestazione di un Robin Williams mai così controllato. La sua ossessione viene disvelata progressivamente grazie a una recitazione implosa in cui tutte le pulsioni represse sembrano pronte ad esplodere ed invece si inabissano nella psiche di un personaggio scritto con grande attenzione ai particolari e con la consapevolezza di dover andare oltre l’ennesimo ritratto di psicopatico al cinema. [fonte mymovies - Giancarlo Zappoli].

E' un film preso per caso in un centro commerciale peché costava solo 3 euro e per la presenza di uno dei miei attori preferiti quale Robin Williams. Ambientato in una delle solite città americana, dove in un centro commerciale di elettronica dove il personagio principale Sy è il respondabile di un laboratorio di sviluppo e stampa di fotografia, che maniaco della perfezione delinea perfettametne i tratti del perfetto serial killer. Nella sua manicale solitudine si costruisce una famiglia perfetta prendendo schegge di vita dalle foto sviluppate di una famiglia cliente del centro commericale, gli York. Nel suo immaginario attorno a quelle foto costruisce un mondo familiare perfetto nel quale si inserisce impersonificandosi in un improbabile zio. Inizialmente lento nel suo volgersi prende velocità e freneticità come a dover capitolare, quando invece raggiunge solo l'epilogo di una vita ossessiva e troppo perfezionista che non si concretizzerà mai. Con salti di sceneggiatura che sembrano coerenti ma che si rivelano solo sogni ad occhi aperti del protagonista, per sentirsi sempre più parte integrante della famiglia, ma ad un certo punto qualcosa cambia rotta e finsicie per sgretolare quel sogno idilliaco, ed è qui che un diverso Robin William da il meglio di se caratterizzando tutti gli aspetti del perfetto maniaco ossessivo e omicida ma mai concretizzando le follie che porta nella sua mente.
Strano film per Robin Williams che ho sempre visto nei panni di un giocherellone più o meno serio, sotto queste vesti ha colto la mia attenzione su un film di perse insipido, raccontando storie di maniaci come tante, ma che grazie ad un personaggio davvero inqiuetante e anomalo cattura l'attenzione grazie anche alla segneggiatura che per quanto semplice e lineare, grazie ai sogni aperti trattiene lo sguardo e quel tanto di pathos che può serivire.

Autore del post: Zugo