giovedì 11 dicembre 2014

Il mio nome è Nedo Ludi - Pippo Russo


Il romanzo in questione non è stato reperibile, per circa un anno, ma lo è ora, su IBS scontatissimo. Pubblicato per Baldini, Castoldi & Dalai s'è perso nei meandri dei cambiamenti nella casa editrice e non se ne recuperava una copia a meno di non trovarla usata su e-bay o sulle bancarelle.
Che poi, data la sinossi, io probabilmente non avrei acquistato il romanzo se non fosse stato scritto dall'autore di un altro romanzo molto interessante sempre pubblicato per lo stesso editore ma ancora reperibile in formato digitale: "Memo", di cui ho pubblicato da poco la recensione.

Ecco che mi perdo.

Voglio raccontare di "Il mio nome è Nedo Ludi", romanzo di Pippo Russo.
Parto dalla sinossi:
Estate 1989. Nel calcio italiano imperversa la guerra di religione fra Uomo e Zona. Nedo Ludi, stopper 28enne dell’Empoli reduce dalla migliore stagione della sua carriera, scopre che la sua squadra è stata affidata a un allenatore sacchiano. È l’inizio della sua fine. Come ogni stopper che stenti a adeguarsi alla Zona, Nedo si accorge presto di essere giudicato darwinianamente inadatto dal nuovo allenatore. Coglie anche di trovarsi dentro un mutamento che sta facendo del calcio una cosa a lui irriconoscibile, nel mezzo di un paese calato dentro la sua ultima, rampante ondata di modernizzazione. Animato dal mito della rivolta dell’uomo contro la macchina industriale, Nedo organizza una congiura contro la Zona.
Oddio, un libro sul calcio.
Diciamo che è stato il mio primo pensiero. Se però mi limitassi ad ascoltare sempre e solo la prima impressione, anche se spesso è quella giusta, mi perderei buona parte delle cose buone che, invece, corrono tra le righe e le parole di quegli autori che sanno scrivere.
Non che abbia amato le parti sul calcio, no. Infatti di queste non parlerò affatto. Perché per me il romanzo parla d'altro.


Questo libro parla di amore e tradimenti.
No, non ho sbagliato libro e post. E non pensate a me stampandovi in faccia un’espressione alla Arnold che chiede: «Che cavolo stai dicendo, Willis?»
Questo libro, dicevo, parla di amore e di tradimenti. Non in modo convenzionale, certo. Sapete che ho un modo mio di leggere le cose e di trovarci dentro qualcosa che non si vede subito. Non che si possa fare con tutti i libri, no.
La storia ci porta a Empoli a fine anni ’80, ai campi di calcio che si preparano a una nuova stagione. Una stagione che porterà grossi cambiamenti nel modo di giocare e di vedere il nostro “sport nazionale”, ma forse anche l’Italia e il mondo intero. Ché si sa, i cambiamenti non vengono mai da soli: cascano a valanga.
Nedo Ludi è uno stopper, un professionista. Poche e semplici cose, certezze, abitudini regolano la sua vita ed ecco che con il cambio di allenatore il suo mondo inizia a sgretolarsi. A nulla serve sapere che la sua azione decisiva nell’ultima partita della stagione precedente ha salvato la squadra dalla retrocessione. Deve adeguarsi al nuovo sistema, al “progetto”, o soccombere. Solo che non ce la fa. Gli schemi, le linee, il nuovo gioco non riesce proprio a farli suoi. Giorno dopo giorno si rende conto di essere inadatto. A nulla è servito tutto il suo amore per il gioco, per la squadra, per quella vita per cui ha fatto sacrifici ogni giorno. A nulla. Il calcio lo ha tradito. La squadra lo ha tradito, adattandosi ed escludendolo domenica dopo domenica. La vita che pensava di avere costruito non esiste più.
Lui e altri come lui, che hanno vissuto solo per giocare, forti delle loro capacità. Sono tutti inutili.
Nedo ha i suoi genitori. Gente semplice con un lavoro umile e con ideali ben chiari in mente. Non capiscono bene la vita del figlio, ma lo amano. Anche il loro mondo sta per crollare, tra la crisi del polo industriale della zona e l’incapacità del sindacato di reagire alle difficoltà e alle pressioni; tra il crollo del muro di Berlino e i cambiamenti in quello che era il “loro partito”. Niente più comunisti, niente più falce e martello, niente più certezze. A nulla è servito credere. Fabbrica, sindacato, partito, vita. Abitudini che devono cambiare. La vita stessa che li tradisce.
Nedo ha Carla, da sempre. Un rapporto libero, ognuno preso dai suoi progetti e impegni. Nessun legame formale. Due giovani che “si frequentano” quando hanno voglia di stare insieme. Regole e decisioni prese all’inizio e che non sembrano pesare. Fino a quando per Nedo non comincia a crollare tutto e Carla gli sembra assente, scivolata altrove senza pensare a lui. Certo, dopotutto il loro rapporto era chiaro. Tutto stabilito e collaudato, solo che … le cose cambiano. Quello che un tempo funzionava non funziona più e a nulla servono le “storielle” di contorno che Nedo ha sempre avuto – come Carla d’altronde – perché rendersi conto che lei non c’è è un imprevisto che fa solo aumentare la rabbia.
A nulla serve tentare di cambiare le cose. La vita ha tradito Nedo, tutto quello che lui amava è come se gli avesse voltato le spalle e lui non riesce a fare altro che cominciare a tradire. Non che non lo avesse già fatto in precedenza, magari inconsapevolmente come con Eleonora – la fidanzatina al paese scioccata dalla prima esperienza con Nedo – o più “tanto per fare” come con Carla. Solo che Nedo non ha armi abbastanza affilate e certi cambiamenti non si possono arrestare.
La vita ha i suoi percorsi, tradisce le nostre aspettative anche quando noi ci mettiamo dentro tutta la passione del mondo. Anche quando amiamo senza riserve o non siamo capaci di comprendere quanto importanti siano le “cose” che abbiamo. Quando ci manca quella consapevolezza che la vera passione impedisce. Quando pensiamo che tutto resterà come è sempre stato, confortati dalle sicurezze e dai successi. Quando, presi da rabbia, orgoglio o pregiudizio, buttiamo via le occasioni di felicità. O per paura, anche, ma questa è un’altra storia.
Così la vita di Nedo va in pezzi e lui, arrabbiato, deluso e stanco non può fare altro che arrendersi e cercare di sopravvivere. Si rifiuta di vivere il declino irrimediabile che gli si presenta come calciatore e si costruisce una nuova vita, semplice, più tranquilla, lontano dai riflettori. Taglia i ponti.
Quindi sì, “Il mio nome è Nedo Ludi” parla d’amore e tradimenti. Anche nell’epilogo. Il mondo che cambia, l’aspetto e la sostanza.

La vera storia si nasconde qui. Il vero tradimento è quello dei sentimenti inespressi, dell’incapacità di cambiare quel tanto che basta a essere felici. Se non siamo in grado di farlo, il salto, resta tutta la tristezza del rimpianto. E le conseguenze che per forza di cose coinvolgono chi ci sta accanto.
Una delle sofferenze individuate dal buddismo è “essere separato da ciò che si ama e dover sopportare ciò che non amiamo”. Credo che di questa sofferenza il Nedo adulto abbia fatto una grande esperienza, sia per sua stessa colpa che per un destino avverso. Che il Nedo bambino abbia sofferto per amore tanto quanto i suoi genitori; che ogni personaggio del romanzo sia stato toccato da questo tradimento della vita e che nessuno di loro sia stato in grado di contrastarlo o di scegliere diversamente. Per incapacità, per orgoglio, per debolezza, per la mancanza di quel briciolo di follia che a volte la felicità richiede. O forse un po’ per comodo, perché cambiare comporta fatica, lacrime e sacrifici. Troppi, a volte, per non mollare non appena il nostro destino ci guarda in faccia per davvero. Declino o felicità in fondo dipendono da quanto a lungo riusciamo a guardare chi siamo  e cosa desideriamo senza abbassare lo sguardo.
Per ora mi fermo qui. Il lavoro ancora non è finito, perché alcune cose riemergono un po' come fossero a bollire in pentola. Salgono e scendono, e salgono e piano piano sprigionano un profumo che invade la mente e che ti rende il sapore riconoscibile. Ecco, io aspetto che il profumo si faccia più intenso e poi ve ne dico ancora. Per altre considerazioni vi mando qui: L'analisi illogica del testo.
L'autore, intanto, spera che questo suo romanzo sia ripubblicato presto, perché è già pronto il seguito. Quindi, in caso, annotatevi il titolo.