Questo è un romanzo difficile. Rosa Matteucci racconta di sè, della sua famiglia e del suo crescere nel mezzo di una tragedia della vita. Questo è un romanzo terribile. A tratti demenziale nel tratteggiare i protagonisti esagerati in tutto, sul baratro, in una pantomima che serve solo a salvarli dal cadere definitivamente nel vuoto.
La famiglia nobile, già particolare ai tempi di maggiore splendore, crolla sotto il peso del fallimento economico. Il nonno ha perso tutto, un po' anche la ragione. All'epoca Rosa ha 8 anni ed è la preferita di papà. Il rapporto di padre e figlia viene sviscerato durante il racconto del tracollo di una intera famiglia che scivola sempre più in un abisso di degrado e follia. A salvare ciascuno di loro sono quei piccoli interessi che diventano ossessioni, bizzarri modi di comportarsi e vivere, di interagire.
Non è un romanzo da prendere alla leggera. Duro, crudo, a tratti anche stomachevole, disgustoso. Ma ricco di un dolore e di una forza che non si trovano facilmente nei romanzi di ogni giorno, quelli che ci accompagnano in metropolitana o ai giardini sotto il primo sole. Pieno di sensazioni da citare, geniali nella loro cattiveria e crudezza. Pieno di amore, comunque. Perché anche nei momenti più difficili, quando si pensa di odiare qualcuno per il destino che ci ha scelto, in realtà non si può fare a meno di amarlo.
Forse mi ha toccata perché ricorda in parte le vicende personali della mia infanzia, forse solo perché diverso dal solito. Forse perché sotto sotto anche io sono tutta mio padre e pure tutta mia madre. Per non far torto a nessuno.
"Stavo lì nel mio letto e tutto mi sembrava minaccioso, la vita stessa un'impresa destinata al fallimento. Non ne andava mai bene una, c'era sempre qualcosa che incombeva e ti feriva al cuore. Mancavamo di tutto. Non ho mai smesso di combattere per rimanere viva. Avrei voluto salvare anche i miei genitori dal degrado e dalla miseria. Avrei voluto vederli sorridere, almeno una volta. Per quanto esasperata da quei demenziali su e giù per le scale, sentendo mio padre che si affannava a trascinare le taniche di nafta, provavo un dolore acuto, come uno spasmo bruciante nel centro del petto. Mi faceva male il cuore. Avrei voluto aiutarlo, riscattare la sua pena di vivere, facendo avverare una delle sue fantasie. (Pag 220)"
La famiglia nobile, già particolare ai tempi di maggiore splendore, crolla sotto il peso del fallimento economico. Il nonno ha perso tutto, un po' anche la ragione. All'epoca Rosa ha 8 anni ed è la preferita di papà. Il rapporto di padre e figlia viene sviscerato durante il racconto del tracollo di una intera famiglia che scivola sempre più in un abisso di degrado e follia. A salvare ciascuno di loro sono quei piccoli interessi che diventano ossessioni, bizzarri modi di comportarsi e vivere, di interagire.
Non è un romanzo da prendere alla leggera. Duro, crudo, a tratti anche stomachevole, disgustoso. Ma ricco di un dolore e di una forza che non si trovano facilmente nei romanzi di ogni giorno, quelli che ci accompagnano in metropolitana o ai giardini sotto il primo sole. Pieno di sensazioni da citare, geniali nella loro cattiveria e crudezza. Pieno di amore, comunque. Perché anche nei momenti più difficili, quando si pensa di odiare qualcuno per il destino che ci ha scelto, in realtà non si può fare a meno di amarlo.
Forse mi ha toccata perché ricorda in parte le vicende personali della mia infanzia, forse solo perché diverso dal solito. Forse perché sotto sotto anche io sono tutta mio padre e pure tutta mia madre. Per non far torto a nessuno.
"Stavo lì nel mio letto e tutto mi sembrava minaccioso, la vita stessa un'impresa destinata al fallimento. Non ne andava mai bene una, c'era sempre qualcosa che incombeva e ti feriva al cuore. Mancavamo di tutto. Non ho mai smesso di combattere per rimanere viva. Avrei voluto salvare anche i miei genitori dal degrado e dalla miseria. Avrei voluto vederli sorridere, almeno una volta. Per quanto esasperata da quei demenziali su e giù per le scale, sentendo mio padre che si affannava a trascinare le taniche di nafta, provavo un dolore acuto, come uno spasmo bruciante nel centro del petto. Mi faceva male il cuore. Avrei voluto aiutarlo, riscattare la sua pena di vivere, facendo avverare una delle sue fantasie. (Pag 220)"