Dopo le mie prime considerazioni sul romanzo di Silvia Longo pubblicate anche su Gazzetta Torino, sono tornata a un altro particolare che mi ha colpita de "Il tempo tagliato". Oltre che al tempo musicale che scandisce in qualche modo l'esistenza di Viola, la protagonista, c'è l'onnipresente incombere del tempo atmosferico che varia col variare degli stati d'animo della donna nel corso degli avvenimenti. Al di là di quelli che sono esplicitati nel romanzo mi sono posta spesso, nell'anno trascorso dalla prima lettura, il problema di quali fossero i miei tempi atmosferici.
Il lutto è nebbia, per lo più.
Non sempre, a volte è tromba d'aria con la sua tendenza al celebrare l'opposto, cioè la vita.
Ma all'inizio è nebbia, coi suoi tempi lenti e gli orizzonti limitati. Voglia di perdersi e di non vedere. Di morire insieme alla persona cara, per non perderla, perché sembra così ingiusto sia capitato a lei e non a te, o ad altri.
Quando è mancato mio zio, mia madre diceva "non è giusto, doveva capitare a me" e, al di là del fatto che un anno dopo è capitato effettivamente anche a lei, nella sua nebbia abitavano fantasmi e lei con loro.
Un periodo di irrealtà, lento, umido e pericoloso.
Anche Viola vive la nebbia, trascinandosi in casa nelle sue vecchie abitudini, nella continua memoria della sua spersonalizzazione. Non credo sia la solitudine o il senso di colpa, è che proprio si fa fatica a vedere oltre.
A meno che non ci sia una tromba d'aria. Allora il lutto è qualcosa di imprevedibile. Come diventa lentamente per Viola ma che nella mia esperienza travolge e toglie un ordine preciso alle cose. Perché poi alla fine un ordine vero in certe cose non c'è. Esiste quello che la morale comune ci impone. La morte è una cosa brutta,non va bene, va evitata, nascosta come fosse una colpa. E allo stesso tempo chi perde qualcuno deve smettere di vivere, per un tempo adeguato, piangere e rimpiangere vestito di nero.
La tromba d'aria non tiene conto di questo, obbliga a fare i conti con la vita. Quella che ti resta addosso e che continua a pulsare intorno a te. Quella che gli altri vorrebbero negarti perché loro stessi ne hanno paura.
Così, se per Viola la vita torna prima nel segreto della sua stanza, capita che per altre persone esploda incontrollata. Più forte e imprevisto è il dolore, più il controllo si perde.
Tormenta in cui si perde di vista ogni cosa, si viaggia a occhi chiusi. Si cerca un appiglio.
In ogni caso, sia che ci si trovi immersi nella nebbia o in mezzo a un tornado, alla fine arriva il sereno, il sole e il cielo azzurro.
Ecco, forse non sarà una riflessione profondissima, ma questo è solo un altro dei miei "flash"...
Il lutto è nebbia, per lo più.
Non sempre, a volte è tromba d'aria con la sua tendenza al celebrare l'opposto, cioè la vita.
Ma all'inizio è nebbia, coi suoi tempi lenti e gli orizzonti limitati. Voglia di perdersi e di non vedere. Di morire insieme alla persona cara, per non perderla, perché sembra così ingiusto sia capitato a lei e non a te, o ad altri.
Quando è mancato mio zio, mia madre diceva "non è giusto, doveva capitare a me" e, al di là del fatto che un anno dopo è capitato effettivamente anche a lei, nella sua nebbia abitavano fantasmi e lei con loro.
Un periodo di irrealtà, lento, umido e pericoloso.
Anche Viola vive la nebbia, trascinandosi in casa nelle sue vecchie abitudini, nella continua memoria della sua spersonalizzazione. Non credo sia la solitudine o il senso di colpa, è che proprio si fa fatica a vedere oltre.
A meno che non ci sia una tromba d'aria. Allora il lutto è qualcosa di imprevedibile. Come diventa lentamente per Viola ma che nella mia esperienza travolge e toglie un ordine preciso alle cose. Perché poi alla fine un ordine vero in certe cose non c'è. Esiste quello che la morale comune ci impone. La morte è una cosa brutta,non va bene, va evitata, nascosta come fosse una colpa. E allo stesso tempo chi perde qualcuno deve smettere di vivere, per un tempo adeguato, piangere e rimpiangere vestito di nero.
La tromba d'aria non tiene conto di questo, obbliga a fare i conti con la vita. Quella che ti resta addosso e che continua a pulsare intorno a te. Quella che gli altri vorrebbero negarti perché loro stessi ne hanno paura.
Così, se per Viola la vita torna prima nel segreto della sua stanza, capita che per altre persone esploda incontrollata. Più forte e imprevisto è il dolore, più il controllo si perde.
Tormenta in cui si perde di vista ogni cosa, si viaggia a occhi chiusi. Si cerca un appiglio.
In ogni caso, sia che ci si trovi immersi nella nebbia o in mezzo a un tornado, alla fine arriva il sereno, il sole e il cielo azzurro.
Ecco, forse non sarà una riflessione profondissima, ma questo è solo un altro dei miei "flash"...
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