Edito da Longanesi nel 2012, romanzo di esordio per Silvia Longo. Piemontese, come me e quasi tutti gli amici che collaborano a questo blog.
Il romanzo narra di Viola e Federico, marito e moglie all'apparenza tutti armonia. Una vita perfetta, all'unisono, a vederla da fuori. Finché, un giorno d'autunno, Federico viene a mancare improvvisamente. Viola resta sola, una figlia già grande che studia a Cremona, con l'amica Elena a farle da sostegno. Poi, con i suoi tempi, ricomincia a vivere pur restando ancorata al suo dolore e a quel meccanismo collaudato che aveva fatto funzionare la sua vita fino ad allora. Poi, improvvisa come la morte del marito, viene la fuga. Dal concerto in onore di suo marito, da quella vita che non le appartiene più, dalle convenzioni, da una se stessa che le sta stretta. Ad aiutarla nella fuga è un complice, Mauro, sconosciuto e più giovane di lei, anche lui a disagio in quella occasione. Il loro vagabondare in auto li porterà nel bel mezzo di una tempesta estiva e, tra un lampo e un tuono, a dipanare grovigli che attendevano da tempo un lento lavorare per scioglierli.
Silvia Longo parla di una donna, di un dolore, di un modo di darsi, di una rinascita. Ma parla di tante donne, di altrettanti dolori, di modi di esprimere i sentimenti e di svariate rinascite. La storia che racconta usa il tempo - atmosferico, musicale, biologico - come mezzo per contenere la vita. Che sia racchiusa nella magia di un orologio speciale o nell'accumularsi di nubi che portano pioggia o, ancora, nelle ore e nei giorni che corrono uguali. Nel tempo che si dimezza quando da due si torna uno, nel viaggio attraverso il tempo di una consapevolezza che cresce e che prende atto di sé in un rincorrersi di dialoghi anche aspri. Di una donna che il tempo ha prima ingabbiato e poi liberato.
Silvia Longo parla di vita, descrivendone suoni e silenzi. E melodie che, sotterranee, suggeriscono quanto ci sia di "collettivo" in una singola storia, in una vita sola. Quanto c'è di ognuno di noi nei personaggi che racconta.
Io non ho i mezzi, non sono all'altezza di una recensione vera (e credo che questo non sia lo spazio di chi sa far critica, ma sia lo spazio di chi ama), però amo questa storia e quello che mi racconta. Credo possiate amarla anche voi, se avrete voglia di leggerla.
Il romanzo narra di Viola e Federico, marito e moglie all'apparenza tutti armonia. Una vita perfetta, all'unisono, a vederla da fuori. Finché, un giorno d'autunno, Federico viene a mancare improvvisamente. Viola resta sola, una figlia già grande che studia a Cremona, con l'amica Elena a farle da sostegno. Poi, con i suoi tempi, ricomincia a vivere pur restando ancorata al suo dolore e a quel meccanismo collaudato che aveva fatto funzionare la sua vita fino ad allora. Poi, improvvisa come la morte del marito, viene la fuga. Dal concerto in onore di suo marito, da quella vita che non le appartiene più, dalle convenzioni, da una se stessa che le sta stretta. Ad aiutarla nella fuga è un complice, Mauro, sconosciuto e più giovane di lei, anche lui a disagio in quella occasione. Il loro vagabondare in auto li porterà nel bel mezzo di una tempesta estiva e, tra un lampo e un tuono, a dipanare grovigli che attendevano da tempo un lento lavorare per scioglierli.
Silvia Longo parla di una donna, di un dolore, di un modo di darsi, di una rinascita. Ma parla di tante donne, di altrettanti dolori, di modi di esprimere i sentimenti e di svariate rinascite. La storia che racconta usa il tempo - atmosferico, musicale, biologico - come mezzo per contenere la vita. Che sia racchiusa nella magia di un orologio speciale o nell'accumularsi di nubi che portano pioggia o, ancora, nelle ore e nei giorni che corrono uguali. Nel tempo che si dimezza quando da due si torna uno, nel viaggio attraverso il tempo di una consapevolezza che cresce e che prende atto di sé in un rincorrersi di dialoghi anche aspri. Di una donna che il tempo ha prima ingabbiato e poi liberato.
Silvia Longo parla di vita, descrivendone suoni e silenzi. E melodie che, sotterranee, suggeriscono quanto ci sia di "collettivo" in una singola storia, in una vita sola. Quanto c'è di ognuno di noi nei personaggi che racconta.
Io non ho i mezzi, non sono all'altezza di una recensione vera (e credo che questo non sia lo spazio di chi sa far critica, ma sia lo spazio di chi ama), però amo questa storia e quello che mi racconta. Credo possiate amarla anche voi, se avrete voglia di leggerla.
1 commento:
da quanto leggo, è un tema durissimo... è forte il pericolo della immedesimazione in questi casi... si rischia di non mantenere tar sé e i personaggi la giusta distanza... brava l'autrice
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